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[club cultural tour] Milano 17 febbraio 2017

A seguito del piacevolissimo pomeriggio trascorso con alcuni dei nostri soci lo scorso venerdì 17 febbraio, vogliamo trasmettere a tutti voi un breve resoconto con immagini.

Partito alle ore 15,00 da Bergamo, il gruppo è approdato come prima tappa alla galleria di Massimo De Carlo, in zona Ventura, per la visita alla mostra Herbivorous Carnivorous di Diego Perrone. Accolti da Laura Ravelli e da Flavio Del Monte, che ci hanno gentilmente introdotto il lavoro dell’artista, abbiamo visitato i due piani dedicati alle bellissime sculture che Perrone realizza attraverso una rivisitazione di una tecnica antichissima di lavorazione del vetro: fuso all’interno di calchi in gesso che riproducono il volto dell’artista e miscelato a minerali e ossidi di pigmenti colorati, il materiale viene cotto a temperature differenti per periodi che possono durare fino a sei settimane, dando luogo ad esiti che sfuggono al completo controllo umano. Il risultato sono sette sferiche teste vitree dalla superficie translucida e dalle forme antropomorfe, che contengono rimandi a segni e paesaggi legati alle origini rurali dell’artista.

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Terminata la visita da De Carlo, attraversiamo la strada e ci dirigiamo da Francesca Minini, dove ci attendono Alessandra Minini e l’artista Riccardo Beretta per accompagnarci nella visita della mostra Paravento Playground. Prima personale dell’artista presso questa galleria, presenta un progetto site specific il cui fulcro è costituito dal lavoro Paravento (First Victims Playground) 2015-2017, una grande scultura di legno intarsiato che diviene metafora di una soglia – fisica e mentale – da varcare, creando un’atmosfera unica e suggestiva. L’immagine del parco giochi, riprodotta nelle fotografie a parete, è chiaramente riconoscibile nel profilo frastagliato della scultura, rievocando l’idea del gioco e del movimento e riattivando nell’osservatore adulto reminiscenze dal mondo dell’infanzia, che proseguono anche nella sala adiacente con i lavori della serie di opere in tessuto Sleeping Bag (Negative Cognition) 2016-2017.

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Alle 17,30 ripartiamo, direzione Triennale Milano Design, dove ad attenderci c’è Francesco Garutti, curatore di ELEGANTIA, prima mostra del duo di artisti belgi Jos de Gruyter & Harald Thy in un’istituzione italiana. L’intera esposizione è concepita come la costruzione di uno spazio ambientale unico e coinvolgente, una messa in scena del concetto stesso di “mostra”. Un’infilata di plinti con sculture di volti sono posti in falsa prospettiva nel corridoio d’ingresso, volti degli attori non professionisti con cui gli artisti hanno collaborato di volta in volta nei vari progetti cinematografici degli anni precedenti. Le sale adiacenti presentano una serie cospicua di bianche sculture metalliche dall’aspetto perturbante, che riportano decine di generici volti ricalcati a matita, e una serie di grotteschi acquarelli che retoricamente celebrano l’idea stessa di un’esposizione artistica. La sensazione è quella di trovarsi intrappolati in uno spazio un po’ surreale dove centinaia di occhi monitorano costantemente ogni tuo passo e movimento.

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Per finire ci siamo spostati nello spazio accanto, sempre all’interno del Palazzo della Triennale, dove Fausta Squatriti ci ha accolti e con grandissimo entusiasmo e disponibilità ci ha guidati alla scoperta della sua personale Se il mondo fosse quadro, saprei dove andare…, parte di un progetto articolato di tre mostre parallele nella città di Milano curato da Elisabetta Longari. La mostra della Triennale di Milano presenta le tappe fondamentali del percorso logico e poetico della Squatriti, a partire da due calligrammi di grandi dimensioni del 1957, tracciati con parole e segni da una Fausta sedicenne, nelle cui precoci scelte e interessi si delinea già la complessità che la sua ricerca affronterà negli anni a venire.

Ultimissima tappa del nostro tour milanese, la visita alla mostra della Collezione Giuseppe Iannaccone. Italia 1920 – 1945. Una nuova figurazione e il racconto del sé, che nata negli anni Novanta, riunisce opere di artisti che hanno sviluppato, durante il venticinquennio, visioni individuali e collettive controcorrente rispetto alle politiche culturali di ritorno all’ordine e classicità monumentale novecentista.

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